Ritrovare la strada fra intrichi di schermi, parole, lettere, numeri e bit
Il presente lavoro nasce da due esperienze molto diverse fra loro: da una parte la frequenza al Master Koiné – Professione formatore per la didattica della comunicazione, percorso biennale mirato a formare docenti esperti nella didattica della comunicazione che, una volta approfondite e sperimentate sul campo le tematiche del Master, potranno a loro volta essere formatori dei colleghi nelle rispettive scuole e regioni, e dall’altra la partecipazione ad una visita guidata al Giardino di Valsanzibio e al suo Labirinto. Come molti altri labirinti rinascimentali e barocchi, il Labirinto di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio è stato pensato con una struttura simbolica che visualizza e rende in modo sia esperienziale che metaforico il cammino della vita umana, con i suoi confini, i vicoli ciechi, i loop e i ripensamenti. Il senso di disorientamento e di dubbio che accompagnano il visitatore durante il percorso, ne stimolano la riflessione e la capacità di discernimento necessarie per arrivare alla torretta posta al centro, da cui si può avere avere la piena visione del labirinto.
Affrontare il labirinto è una sfida per alcuni non facile da sostenere: c’è chi preferisce evitare di entrare e restarne all’esterno, perdendo così l’opportunità di fare un duplice viaggio di scoperta: quello all’interno del labirinto e quello dentro se stessi. Nel mio non sempre facile itinerario all’interno del labirinto del Giardino di Valsanzibio, mi sono ritrovata a pensare che ci possono essere molte affinità tra il rifiuto di entrare nel labirinto e la rinuncia all’uso della tecnologia e della Rete come opportunità di conoscere se stessi e il mondo che si può ancora riscontrare in molti docenti.
Questa intuizione ha guidato la mia ricerca e permesso l’approfondimento che ne è seguito.
Nel labirinto della Rete di Laura Cesaro è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.